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Francesco Canini

Il pittore ha confidenza con le ombre, con l’ombra che i corpi proiettano l’uno sull’altro e con la grande ombra avvolgente, grembo originario e ricettacolo di tutte le immagini.
La pittura nasce dall’ombra che l’amato proietta sul muro e che l’amata scontorna col gesso.
Fin dalla sua origine mitica ombra immagine e amore sono annodati nella pittura.
Il pittore si cala nell’ombra per trovare la luce. La luce della pittura è una luce emanata dall’ombra, un chiarore. Una luce che non impone chiarezza alle immagini, una luce vivente.
La luce che trema come una fiamma scompiglia le immagini, le disfa, le consegna all’ombra.
Il combattimento del pittore con le immagini è la lotta per generare nell’immagine la fiamma della vita, il chiarore che non scaccia le ombre, non le sopraffà e non impone il dominio della sua legislazione.
L’immagine vivente, quella in cui i contrari convivono – luce e ombra, vita e morte, pieno e vuoto – che l’ombra custodisce nel suo grembo, è opera dell’amore. L’amore, infatti, trascende ogni oggetto e ogni immagine. Così il pittore, guidato dall’amore, s’inoltra nel regno dell’ombra per trovare un’immagine in cui la vita si raccoglie trema e risplende come una fiamma.

Nel suo cammino amoroso Francesco segue l’invito dell’ombra. Abbandona la figura nuda distesa del quadro che apre la serie dei suoi dipinti recenti per seguire la strada dell’ombra. L’ombra che si proietta sul muro come l’inquietante nero doppio della giovinetta nel quadro di Munch Pubertà.
Adesso la figura nuda diventa spoglia chiusa nella sua fissità referenziale, mentre l’ombra apre lo spazio contraddittorio e fertile che é quello della pittura, lo spazio in cui gli amanti si trovano, si donano il cuore, si dicono addio.

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