top of page

Domenico Giglio

Un tema ricorrente nelle opere di Domenico Giglio è l’ergastolo, il “fine pena mai”. Tant’è che l’autore firma le sue opere con la sigla Giglio 9999. Con l’anno 9999 viene indicata, nei certificati penali computerizzati, la data inesistente del fine pena per i condannati a vita. Domenico Giglio ha scoperto la vena creativa in carcere dopo molti anni di internamento, cominciando a dipingere, scrivere, fare teatro, perché “non ne poteva più”. La sua ricerca pittorica è innanzitutto narrazione dei dispositivi della reclusione. Proprio ad uno di questi dispositivi di controllo sembra rimandare l’occhio gigantesco dipinto nel carcere di Rebibbia. L’occhio del custode, che osserva in permanenza il recluso, e che per questo motivo viene interiorizzato dal recluso stesso. Le “Scatole Narranti” appaiono invece come contenitori di oggetti e simboli riconducibili all’esperienza quotidiana della detenzione. Con l’uscita dal carcere l’autore ha intrapreso un fertile percorso artistico. Per la sua attenzione e sensibilità ai dispositivi del controllo sociale è stato curatore di “Inchiostro indelebile”, una mostra di impronte digitali, tenutasi a Roma nel 2003, che sottolineava come, attraverso il prelievo delle impronte, si generi la riduzione delle persone, soprattutto immigrate,  a “corpi di reato”. Uno dei suoi quadri esposti rimanda al senso di questo dispositivo.

bottom of page